Combattere la concentrazione

Concentrarsi con lo sguardo su un oggetto nel tentativo di vederlo meglio è quello che fanno tutti coloro che sono affetti da vista imperfetta, con occhiali o senza.  Perché la concentrazione è cosí dannosa e come prepararsi a debellarla.

Si potrebbe affermare che la radice fondamentale del problema della vista difettosa risieda nel vizio della “concentrazione”, mentale e letterale.

Quando si fa il tentativo forzoso di tenere ferma l’attenzione o il pensiero su un unico oggetto – o su un suo particolare – per piú di un istante, si fa una cosa sbagliata che è contro-natura ed è, in ultima analisi, impossibile.  Chiunque abbia vista normale e possa lèggere la targa posteriore di una autovettura a piú di sessanta metri in ogni condizione di luce o possa ricordare indefinitamente un piccolo punto nero nella mente, sa perfettamente che la concentrazione mentale letterale è impossibile e va evitata, non ostante il fatto che la nostra cultura, l’istruzione, l’educazione, insegnino tutto il contrario, e cioè di concentrarsi, di sforzarsi e di fare l’impossibile per ottenere i proprî obiettivi.  Chiunque abbia vista difettosa, corretta con lenti o anche non corretta, può facilmente accorgersi che il suo sguardo è fissato su un unico oggetto nel tentativo invano di renderlo piú chiaro, concentrandosi su di esso a lungo e senza mai riuscire a farcela.  Chi porta lenti correttive di qualsiasi tipo, o chi ha subíto operazioni laser equivalenti, è diventato totalmente alienato a questa sgradevole sensazione di sforzo causata dalla concentrazione e insiste a praticarla, ignorando che è la vera causa del suo problema visivo.

È per questo motivo che nel “Sistema Originario” del Dott. Bates è necessario eliminare permanentemente ogni tipo di lente correttiva se si vuole tornare a vedere naturalmente senza concentrarsi.  La lente correttiva, infatti, agisce sulla rifrazione – che è stata scorretta dallo sforzo concentrativo inconscio – riportandola alla sua giusta regolazione non ostante che l’occhio rimanga fuori fuoco, e permette al paziente di vedere sebbene sia costantemente concentrato e non muova mai lo sguardo, una condizione invece che nell’occhio autenticamente ben regolato non esiste in Natura.  Fin tanto che si indossano lenti correttive e la vista sembra apparentemente “normale” (anche se non è minimamente paragonabile alla vera “vista perfetta” dell’Uomo), è impossibile per il paziente scoprire il suo errore e porvi rimedio.  In particolare, quello che viene soppresso a livello mentale e cerebrale è il meccanismo della “centrale fissazione”, che nella rétina è fisiologicamente rappresentato dalla macula lutea e dalla fovea centralis, la sede della vista piú acuta.  A lungo andare, usando lenti correttive, il difetto visivo si incancrenisce e il paziente perde definitivamente la sana abitudine di spostare il suo sguardo sugli oggetti, sana abitudine sostituita dal vizio malèfico di tentare di coglierne i dettagli tutti in una vòlta concentrandosi in modo innaturale.

Per evitare quindi il “vizio della concentrazione mentale” è necessario ritornare a vedere in modo naturale, e cioè mediante “centrale fissazione”, come spiegato nei volumi editi da Juppiter Consulting Publishing Company® dedicati alla “Vista Perfetta Senza Occhiali” secondo le pubblicazioni originali del Dott. William H. Bates di New York (1860-1931).  Tra le tante suggestioni utili che si possono trovare nei libri originali del Dott. Bates ne suggeriamo due:

  • a) imparare a vedere peggio dove non si guarda direttamente;
  • b) imparare a immaginare di vedere cose che si possono ricordare facilmente.

Questi due semplici esempî sono impossibili da dimostrare se non si sostituisce a livello mentale lo stato di “concentrazione” con quello di “riposo” o “rilassamento”.

In queste poche righe ci è impossibile approfondire ulteriormente questi concetti appena accennati, ma al lettore attento non sarà sfuggita la loro ben chiara logicità e la nostra speranza è che egli possa sentire il desiderio di provare nel concreto a dimostrarli per se stesso, preferibilmente in una condizione ambientale dove lo sforzo della vista difettosa sia meno opprimente, come per esempio in una stanza bene illuminata dalla luce del sole non filtrata da finestre chiuse.

Rishi Giovanni Gatti

originariamente pubblicato il: 15 giugno 2009
riveduto e corretto il:  9 luglio 2013

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