Consigli incoraggianti a una madre

In questo breve estratto, il Direttore risponde alle incertezze di una mamma che sta aiutando il proprio figlio tredicenne a curare la vista per un principio di miopía, qualche settimana dopo aver acquistato presso la Casa Editrice il pacchetto speciale che comprende i due libri fondamentali, “Vista Perfetta Senza Occhiali” e “Storie dalla Clinica”, e una serie di Tabelle di Controllo di Snellen.

«Ciao, sono C. la mamma di A. e siamo venuti a ritirare il materiale della “Cura della Vista” prima di Natale [2007, NdR].  Come ci avevi chiesto, e di questo ti ringrazio, ti aggiorno:  A. non si è esercitato molto durante le vacanze anche e soprattutto perché non l’ho molto seguíto a causa di alcuni altri problemi di salute in famiglia […]».

«Deve farcela da solo, se gli stai troppo dietro entra in uno stato di sforzo e il lavoro è inutile.  Annoso problema di tutti gli insegnanti nei confronti di tutti gli allievi: è intelligente ma non si impegna… Mah!»

«In ogni modo verso il termine delle vacanze ha cominciato a esercitarsi un pochino anche se non in modo regolare.  A volte è capitato che sia riuscito a vedere súbito la riga del “2” e dopo il palmeggiamento non piú».

«Male, significa che durante il palmeggiamento si è sforzato di vedere cose che non ci sono (è tutto buio, non si può vedere niente!  È inutile sforzarsi di vedere!), quindi consiglierei di fare il palmeggiamento solamente dopo aver guardato per qualche minuto la lampada forte, diciamo a due o tre metri, e poi ad occhi chiusi e coperti per divertirsi a fare sparire le macchie velocemente».

«Oggi dice di aver visto per un istante la riga piú piccola ma súbito dopo l’ha persa ed è tornato a vedere senza sforzo la riga del 2 (a circa 3 metri di distanza).  Cosa ne pensi?».

«Se la tabella è la “C-200”, ha soltanto metà della visione normale.  Se invece la tabella è la “C-100” è un ottimo risultato, dieci decimi, una buona base per partire.  In che condizioni di luce si esercita?».

«Ho letto per buona parte il libro “esperienze dalla clinica” che trovo affascinante, ma mi chiedo come mai non ci sia nessuno che applichi questo metodo.

«Ci sono moltissimi che dicono di applicare questa cosa del “metodo”, ma io sono molto scettico, perché è una cosa che non si può applicare dall’esterno.  È il “paziente” che si deve applicare lui stesso alla sua stessa cura.  Sarebbe sufficiente che il “paziente” sfruttasse qualcuno dotato di vista perfetta disposto a fargli da supervisore.  Io sono disponibile, se volete venire una volta al mese gratuitamente a fare il punto della situazione, per me va bene».

«Trovo che la cosa piú difficile sia innanzitutto applicare una tecnica che esce decisamente dai nostri soliti schemi mentali (credo di avere ora le idee un pochino piú precise, ma mi sembra ancóra di non sapere esattamente cosa fare e da che parte iniziare…  Sia su di me che su mio figlio).

«L’obiettivo è quello di portare alla luce il “pensiero sbagliato”, inconscio, che ci condiziona a usare male gli occhi, e cioè a fissare lo sguardo cercando di vedere una zona piú ampia di un punto matematico, come se fosse vista tutta uguale e bene, senza muovere lo sguardo per osservarne nei singoli dettagli tutte le parti che lo compongono.  Uno non si “rilassa” nel pensare a un punto matematico perché teme di “perdere” ciò che sta guardando fissamente.  Invece è vero il contrario: se uno pensa a un punto matematico invece che alla cosa che sta guardando e tentando di vedere e mettere a fuoco, ecco che lentamente, all’inizio, l’occhio va a fuoco da solo e compaiono tutte le lettere.  Nessuno è disposto a credere che guardando in un piccolo punto matematico e non all’intero oggetto o lettera, la vista possa andare a fuoco correttamente e spontaneamente.  Qualora uno dovesse rendersi conto di ciò súbito all’inizio della cura, allora guarirebbe in pochi istanti.

«Continuando a esercitarsi, non a vedere meglio ma a rilassarsi nell’idea del punto matematico, uno comincia a riflettere seriamente e onestamente su ciò che sta facendo, e, vedendo che giorno dopo giorno tutti i suoi tentativi per vedere bene sono sempre piú vani, allora accetta sempre piú facilmente l’idea di questo punto matematico, e impara a non pensare a ciò che vede ma soltanto a ricordare questa idea di punto.  Giorno per giorno egli si accorge che la visione si trova già a fuoco senza alcun tentativo cosciente da parte sua.  Quando questo accade, possiamo dire che è iniziato finalmente il vero trattamento del Dott. Bates».

«… E in secondo luogo il sentirsi un po’ soli ed abbandonati a sé stessi facilmente preda della pigrizia e del rinviare».

«Questo non dipende dalla cura ma dall’individuo.  Tutto si basa proprio sul sentirsi soli e abbandonati a se stessi, esattamente, e perciò “costretti” a lasciar perdere le preoccupazioni e il disagio, con ciò rilassandosi.  Man mano che questo succede sempre piú spontaneamente, accettando il fatto che si è proprio soli e abbandonati!, davanti alla tabella di controllo, a occhi aperti e con l’idea del punto matematico nella mente, lo sforzo mentale si attenua e l’occhio si regola per la messa a fuoco naturale e la mente comincia a distinguere senza fatica tutto ciò che guarda e vede.  Invece, tutti noi siamo cresciuti con una idea diversa della vita, e cioè che non dobbiamo essere soli, che dobbiamo amare il prossimo, che dobbiamo sacrificarci, che dobbiamo impegnarci, eccetera eccetera, non perché queste siano cose intelligenti da fare di per sé, ma perché sono dei comandamenti dati a persone incapaci, che, non si sa perché, devono essere indottrinati perché deficienti.  Con queste idee erronee di sottofondo, chiunque, una volta diventato cosciente del fatto di non vedere bene, per una qualsiasi ragione, inizierà a impegnarsi, a sforzarsi, a sacrificarsi, a lottare, per vedere di nuovo bene, e questo è proprio l’esatto contrario di quello che sarebbe necessario fare.  Quando poi si va da un “qualche idiota” di medico oculista, che è pure laureato, o da un optometrista o ottico, che ci mette gli occhiali e non sa nulla di queste cose, cosa vogliamo?  Pretendere da noi stessi di eliminare queste deleterie influenze in pochi minuti o ore o giorni o settimane è davvero chiedere troppo al Padreterno, che bontà sua ci ha dotato di occhi buoni e normali e del meccanismo della visione normalmente funzionante in quasi tuttii casi, almeno.

«Leonardo da Vinci ha scritto:  “Non si debba desiderare lo impossibile”.  Guarire la vista mediante esercizî oculari, tentativi per vedere, atti forzosi per mettere a fuoco, sforzo cronico della mente che cerca di interpretare a fatica immagini retiniche confuse, è una cosa impossibile, che non si deve desiderare di fare!»

«P.S. Ma cosa devo fare durante il palmeggiamento?  Pensare a qualcosa di piacevole, pensare a d un punto nero o ad un oggetto nero, cercare di ricordare qualcosa nei particolari o…?».

«Certamente tutte queste pratiche vanno benissimo se funzionano.  Se non funzionano, cioè se pensare a una cosa piacevole è faticoso e non riesce, e quindi la cosa pensata non è piacevole, oppure se il punto nero non è un punto ma è un disco fisso al centro del campo visivo e perciò non è nero ma grigio e indistinto, oppure se l’oggetto nero è gigantesco e non ne abbiamo nessuna vera impronta mentale nitida e brillante, oppure se facciamo lo sforzo di ricordare qualcosa nei dettagli, ma considerando i dettagli tutti insieme e non uno alla volta con calma…  Beh, sicuramente queste sono pratiche da evitare, per adesso:  meglio forse sarebbe fare pratica con altri metodi, ce ne sono infiniti: lèggere stampa microscopica, rimirare il sole, dondolare il corpo velocemente e lentamente, seguire un ritmo musicale dondolando il pensiero a esso collegato, chiudere improvvisamente gli occhi e vedere cosa rimane dell’immagine persistente che ne risulta, sbattere velocemente le pàlpebre vedendo il mondo muoversi a scatti, camminare immaginando che siamo fermi ed è il paesaggio che si muove, eccetera eccetera…».

«Grazie dell’attenzione e scusa se ti porto via del tempo».

«Una cosa che dovresti fare lèggere a tuo figlio è Storie dalla Clinica in versione microscopica come la trova in fondo al libro, pochi minuti alla volta anche se non la vede e poi guardare alla tabella lontano, e ripetere.  Se gli viene sonno, è un ottimo segno, che dorma piú che può, il sonno in questo caso sarebbe assai riposante e al risveglio vedrebbe molto meglio.  Poi bisogna continuare, fino alla fine.  Non c’è motivo per non riuscire».

A cura di Rishi Giovanni Gatti

originariamente pubblicato il 23 gennaio 2007
ultimo aggiornamento: 29 luglio 2013
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