Videoterminali e occhi: come difendersi dalla cattiva informazione

Quando si parla della pericolosità del lavoro a videoterminale e delle sue influenze negative sulla salute degli occhi e sulla vista, si fa sempre una grossa confusione perché i motivi piú profondi che stanno alla base del malessere dei “videoterminalisti” non vengono minimamente sfiorati, altrimenti si dovrebbe cambiare tutto “il sistema”, e questo – al momento – non ci viene concesso dal sistema stesso…  Alcune informazioni utili per tentare di difendersi.

Con il presente testo desideriamo confutare i contenuti di un articolo comparso su Repubblica.it che riprende, tra l’altro, una ricerca della Stellenbosch University di Tygerberg, in Sud Africa.

Sotto accusa è il lavoro al videoterminale, che costringe alla fissità moltissime persone anche per 10 o 12 ore al giorno.  I problemi di salute segnalati sono i dolori al collo e alla testa, soprattutto in coloro che stanno davanti allo schermo del calcolatore elettronico tra le 25 e le 30 ore a settimana.  Anche l’Istituto italiano di medicina sociale segnala problematiche simili, indicando che il 46% dei lavoratori dell’Unione europea presta la sua opera in condizioni dolorose o stancanti.  All’Università degli Studi di Bari hanno stabilito che i pericoli della “postura fissa” sono l’ipercifosi dorsale, l’epicondilite, l’infiammazione dei tendini, la “sindrome del tunnel carpale”.

Fino a qui, non abbiamo nulla da ribattere; il bello viene quando dobbiamo discutere su come fare l’adeguata prevenzione.

Qui si cita il Decreto Ministeriale 2/10/00 e le sue “Linee guida d’uso dei videoterminali”, e c’è da mettersi le mani nei capelli per il contenuto potenzialmente dannosissimo delle regole proposte, che andiamo a elencare:

  1. postura corretta di fronte al video; secondo il Legislatore questa “postura corretta si ottiene” a) tenendo i piedi ben appoggiati al pavimento, b) la schiena ben assestata nel tratto lombare allo schienale della sedia, c) regolandone altezza e inclinazione;
  2. posizionamento dello schermo; deve essere “di fronte”, con lo spigolo superiore mai più alto della linea degli occhi, a una distanza di circa 50-70 cm;
  3. tastiera davanti allo schermo insieme al mouse (il dispositivo di puntamento); il motivo di ciò è che a) devono essere facilmente raggiungibili, b) gli avambracci siano appoggiati alla scrivania per alleggerire la tensione di muscoli e spalle;
  4. evitare posizioni fisse per tempi prolungati; addirittura viene consigliato dagli esperti di fare “frequenti esercizi di rilassamento a collo, schiena, braccia e gambe”.

Leggendo questi quattro punti non possiamo fare a meno di notare la confusione totale in cui esperti e Legislatore versano inconsapevolmente.  È evidente da sé che il punto 4) è la negazione dei punti 1), 2) e 3): non è possibile evitare posizioni fisse se si vuole realizzare una “postura corretta” e se si vuole “posizionare bene” lo schermo e la tastiera!  In particolare, tenere i piedi ben appoggiati a terra significa condannarsi per tutto il giorno alla rigidità, che è la vera causa del malessere davanti allo schermo!  La soluzione non potrà mai essere nella postura, perché “postura” significa desiderare di rimanere stabili, fissati, e l’origine del problema è proprio in questo desiderio pernicioso e innaturale.

Desideriamo fare notare che gli stessi problemi, se non in forma piú acuta, vengono sofferti dagli automobilisti, che sono proprio costretti per forza di cose a sedersi nella postura obbligata della guida, tenendo lo sguardo fisso davanti, e con ciò anchilosando i muscoli e le articolazioni non soltanto della schiena ma anche del collo e delle spalle.  Chi di noi non si è mai affaticato dopo appena poche decine di minuti di guida in autostrada, su percorsi semplici e a velocità costante, incolonnati, senza scampo?  Questa è la controprova che i consigli dati sopra sono tutti sbagliati!

L’articolo pubblicato su Repubblica.it continua citando uno studio svedese che tenderebbe a dimostrare l’erompere di vere e proprie malattie come la rosacea, la dermatite seborroica, l’eritema aspecifico e l’acne, per colpa dell’esposizione del lavoratore ai campi elettromagnetici dei videoterminali.  La correlazione tra schermi e disturbi viene stabilita con la formula del “è piú soggetto”, che significa, tradotto in parole povere, “non sappiamo né il perché e né il percome, ma sembra che su cento pazienti videoterminalisti controllati rispetto ad altri cento non videoterminalisti, qualcuno dei primi si ammala di piú di certe patologie rispetto agli altri”.  Ma non viane specificato quali cause reali stiano alla base della anomalía statistica.  A parere nostro, a prescindere dai guasti causati dall’alimentazione inappropriata e dalla vita generalmente sedentaria, i difetti di salute manifestati dai videoterminalisti in generale sono dovuti dalla mancanza di esposizione alla luce naturale del sole.  Il resto sarebbero cause secondarie e non determinanti.  Ai lettori lasciamo il beneficio della sperimentazione pratica e la verifica nel loro caso personale della bontà della nostra esperienza.

Per concludere, affrontiamo finalmente l’argomento che piú ci sta a cuore: il parere degli oculisti.

Secondo loro, l’utilizzo del “computer” non provoca un peggioramento delle nostre capacità visive.

Questa affermazione ci colpisce!  Vengono a cadere tutte le premesse riportate sopra, e cioè che il videoterminale sia dannoso!  Per gli oculisti, non è cosí.  Le capacità visive non peggiorano per colpa del computer.

In realtà, esso invece affatica gli occhi e fa perdere al nervo ottico elasticità.  Quindi, non è vero quanto appena detto, la vista non peggiora ma gli occhi si affaticano.  Noi abbiamo sempre saputo che un occhio affaticato ha sempre un calo della visione, cosí come ogni organo affaticato ha un calo della sua funzionalità.  Per gli oculisti non c’è da preoccuparsi.  Gli eventuali peggioramenti della vista, per i quali bisogna farsi nuove lenti correttive ogni tanto, o magari una bella operazione “risolutiva” al laser, non dipendono dal lavoro al VDT, né dalla postura, né dai campi elettromagnetici.  Possiamo stare tranquilli.

I consigli forniti per ovviare a queste piccole scomodità di affaticamento oculare, comunque non pericolose per la vista, sono però pronti all’uso:

  1.  utilizzare un coprischermo anabbagliante;
  2.  tenere la stanza ben illuminata;
  3.  usare occhiali riposanti, consigliati dall’oculista.

Desideriamo confutare totalmente questi tre pericolosissimi “consigli” oculistici.

Per il primo punto, il coprischermo anabbagliante è una sciocchezza storica che non usa oramai piú nessuno!  È pur vero che in qualche caso, alcuni decenni fa quando i primi schermi a tubo catodico di bassa qualità mostravano sfarfallamenti e potenzialmente fastidiose riflessioni, alcuni di questi schermi potevano mostrarsi confortevoli per l’utente, ma oggigiorno con i nuovi schermi a cristalli liquidi a matrice attiva o i piú moderni a LED, non vi è piú bisogno di alcuno strumento simile.

Per il secondo punto, una stanza bene illuminata è sempre di beneficio per il semplice fatto che di giorno il sole illumina la nostra esistenza in modo naturale, e stare chiusi in un ufficio magari senza finestre è una tortura per il nostro organismo indipendentemente dall’uso di schermi video.  Il problema però è piú complicato: poiché sempre di piú le persone non amano stare al sole perché la luce dà fastidio agli occhi disabituati a essa, e tendono quindi a usare sempre i cosí detti “occhiali da sole”, sarà ben difficile che si accetti di illuminare bene la stanza dove si lavora.  Ma ciò detto, la quantità di luce disponibile nella migliore stanza possibile sarà sempre infinitamente piú bassa della quantità di luce naturale di cui possiamo godere durante una passeggiata all’aria aperta, non soltanto nel pieno dell’estate ma anche in una nuvolosa giornata invernale.  Anche il secondo consiglio è cosí senza alcuna possibilità di riuscita.

Per il terzo punto, semplicemente lo ignoriamo, perché i nostri commenti qui sarebbero da codice penale, e quindi preferiamo lasciare all’intelligenza del lettore la comprensione del perché questo “consiglio” sia il piú deleterio e criminale di tutti (indizio: avete mai sentito parlare di un “occhiale da riposo” che non si trasformi entro qualche mese in vero e proprio occhiale correttivo???)…

Siamo quasi arrivati alla fine, e dobbiamo affrontare il problema dei “terminali portatili” (notebook), che vengono citati nell’articolo.  Secondo gli esperti, il problema è che i caratteri dei portatili sono troppo piccoli, e se sono inferiori ai tre millimetri, occorre dotarsi di un monitor aggiuntivo esterno.  Questo consiglio è totalmente errato per un motivo molto semplice: i caratteri sotto ai tre millimetri non sono piccoli, perché il terminale viene di solito guardato ad una distanza breve dagli occhi, e in queste condizioni il carattere piccolo è di beneficio alla vista.  Non forniremo qui i motivi psico-fisici che giustificano la nostra affermazione, ma invitiamo il lettore a fare una prova da sé.

Gli ultimi due consigli forniti nell’articolo sono apparentemente i piú corretti.  Vediamo di confutare anche quelli, per non toglierci il gusto dell’argomentazione piú apparentemente inverosimile ma vera.

L’articolista di Repubblica.it propone di spegnere il calcolatore o di distogliervi lo sguardo ogni due ore.  Niente da dire, ma chi farebbe il lavoro al nostro posto?  Il consiglio di guardare altrove ogni due ore è comunque sbagliato, perché che si fa nelle due ore tra una pausa e l’altra?  Si continua a subire i dannosi effetti dello schermo?  Non sono certo quei pochi istanti in cui si distoglie lo sguardo che ci potranno salvare!

Ci viene poi proposto di dare un po’ di sollievo agli occhi con il cosiddetto “palming”: appoggiare i gomiti sulla scrivania a 10-15 centimetri di distanza l’uno dall’altro, chiudere le mani a conchiglia e appoggiarle sopra gli occhi, sostenendo leggermente la fronte con le dita.

Questa citazione a sproposito del piú importante metodo di riposo mentale scoperto dal Dott. Bates  è tutto quello che serve per distruggerne definitivamente i suoi profondi significati e banalizzarlo per renderlo totalmente inefficace.

L’argomento è estremamente delicato.

Il “palming” correttamente inteso (in italiano abbiamo coniato la parola “palmeggiamento” per distinguerci da chi usa il termine originario senza conoscerne il vero significato) non è un modo per dare “un po’ di solliveo agli occhi”, ma è un metodo di cura della vista estremamente potente e risolutivo in quei pochi e rari casi in cui funziona presto e bene.  Il Dott. Bates riferisce nelle sue pubblicazioni originali (presentate in questo sito ufficiale) che con questo solo mezzo si sono ottenute in pochi minuti o poche ore delle guarigioni complete e permanenti di malattie visive anche decennali.  Purtroppo, questi casi sono rari, e il beneficio ottenuto da un paziente medio è molto limitato, soprattutto all’inizio, e scoraggia la continuazione della pratica, portando a un abbandono.

Il fatto risiede nella completa mancanza di comprensione di una sola unica verità: gli occhi non si affaticano mai per il loro uso; ciò che si ammala e si sforza è la mente che costringe l’occhio a comportarsi in modo innaturale.  Il palmeggiamento, se ben compreso, è il piú semplice metodo per riposare la mente, e fornisce le condizioni per eliminare ogni stimolo sensoriale visivo esterno, permettendo al paziente di confrontarsi direttamente con i fantasmi interiori dello sforzo mentale individuale, coltivato in tanti anni di vita innaturale e costrizioni e condizionamenti a cui non si è stati capaci di ribellarsi.

Alla luce di quanto detto testé, suona quindi assurdamente beffarda la chiusa dell’articolo citato, che dice:  O, altrimenti, uscire fuori casa o dall’ufficio con una scusa qualsiasi e fare una passeggiata.  Siamo perfettamente d’accordo con questo consiglio, peccato però che la grandissima massa della popolazione non lo possa mettere in atto, se non andando contro violentemente al sistema sociale in cui abbiamo dovuto giocoforza aderire sin dal giorno della nostra nascita.

La soluzione dei problemi e dei malesseri del lavoro al videoterminale non sta nei consigli dati dall’articolista, ma in una profonda presa di coscienza generale dell’individuo che deve riconsiderare se stesso e il suo ruolo, sia nel campo vasto delle sue scelte esistenziali, che in quello piú ristretto e forse piú abbordabile della Cura della Vista secondo i metodi naturali di riposo mentale e di massima efficienza psicofisica che troviamo nelle pubblicazioni del Dott. Bates.  A esse rimandiamo il lettore, lieti di poter segnalare che centinaia di persone, se non migliaia, sono state in grado di applicare i principî corretti della Vista Perfetta senza ricorrere a oculisti o specialisti, ma applicando il semplice buon senso comune, non viziato da interessi contrari alla natura umana.

Rishi Giovanni Gatti

originariamente pubblicato su “Disinformazione.it” il 23 febbraio 2009
ultimo aggiornamento: 1/8/2013.
Condividi:

Lascia un commento